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La schita dell’Oltrepò Pavese

Un tesoro della tradizione contadina

Tra le colline dell’Oltrepò Pavese, terra di vini pregiati e sapori autentici, si tramanda da generazioni una ricetta semplice ma irresistibile: la schita. Questo antico piatto della tradizione contadina è una sorta di frittella a base di farina, acqua e un pizzico di sale, cotta in padella con lo strutto o l’olio.

La schita nasce come cibo povero, preparato con gli ingredienti facilmente reperibili nelle cascine. Un tempo veniva cucinata per sfamare i contadini durante le giornate di lavoro nei campi, oggi è una specialità riscoperta e apprezzata nelle sagre e nelle cucine locali. Il segreto della sua bontà sta nella sua semplicità: dorata e croccante all’esterno, morbida all’interno, è perfetta da gustare sia da sola che accompagnata con salumi, formaggi o miele.

Ogni famiglia dell’Oltrepò ha la propria variante della ricetta, tramandata di generazione in generazione, rendendo la schita un simbolo dell’identità gastronomica del territorio. Se vi trovate in Oltrepò Pavese, non perdete l’occasione di assaggiarla: un piccolo capolavoro di genuinità che racconta la storia e i sapori di questa terra.


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La schita dell’Oltrepò Pavese
Dove mangiare la schita

LA RICETTA DELLA SCHITA

Sono pochi e di facile reperimento gli ingredienti della Schita dell’Oltrepò Pavese, ma la loro lavorazione richiede pratica ed esperienza riguardo a fluidità della pastella, quantità di composto distribuito sul fondo della padella e ottimale punto di doratura.

La pastella deve risultare sufficientemente fluida per essere distribuita rapidamente e uniformemente nella padella, in modo da ottenere uno spessore di pochi millimetri. Uno spessore troppo sottile provocherebbe la sua bruciatura, a contatto con olio o strutto caldi, mentre uno spessore eccessivo favorirebbe l’assorbimento dell’olio e dello strutto, rendendo la Schita indigesta. La Schita non va cotta, immersa nell’olio o nello strutto, né fritta, ma soltanto dorata. Il risultato finale non deve risultare morbido come una crespella (crêpe) e nemmeno croccante al punto di sbriciolarsi.

INGREDIENTI

150 grammi di farina – acqua naturale quanto basta per ottenere un impasto fluido, ma non troppo liquido (in genere un bicchiere d’acqua), un pizzico di sale, strutto o olio d’oliva per la doratura. Mentre preparate la pastella, fate scaldare olio, non molto abbondante, la Schita non deve “annegare” nell’olio – oppure strutto (2 cucchiai) secondo ricetta originaria, in una padella di ferro o antiaderente di 20 centimetri di diametro. Versate 2 cucchiai o un piccolo mestolo di pastella nell’olio o nello strutto, avendo cura di distribuirla sul fondo della padella in modo omogeneo. La Schita va dorata da una parte e dall’altra, rigirandola spesso.

Al termine della preparazione, si suggerisce di deporre la Schita su una carta assorbente per cucina per qualche minuto allo scopo di eliminare l’eventuale eccesso di olio o strutto. La Schita può essere gustata senza abbinamenti, come una focaccetta, oppure abbinata a salumi e formaggi, ma anche consumata dolce, spolverata di zucchero.

Essendo una ricetta “povera” della tradizione contadina, gli abbinamenti di oggi sono il risultato di disponibilità attuali, mentre un tempo veniva consumata da sola o unita a cipolle, aglio e altri alimenti a disposizione nelle case e nelle campagne dell’Oltrepò Pavese. La Schita non è soltanto una ricetta da preparare in famiglia. La si può trovare anche in ristoranti e agriturismi dell’Oltrepò Pavese.

(FONTE: HTTPS://WWW.LASCHITADELLOLTREPOPAVESE.IT)

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